L’ultimo ammiraglio di Venezia. Angelo Emo, 1784-1792
Comprendere il presente mediante il passato ovvero il senso della Storia. Venezia, seconda metà del Settecento, un pugno di uomini si oppone al declino della Repubblica. Tra questi, Angelo Emo, l’ultimo a guidarne in battaglia la flotta. Considerato già in vita grande marinaio, tattico brillante, acuto stratega esprime il meglio di sé nel corso di tre campagne navali contro la Reggenza Ottomana di Tunisi, tra il 1784 e il 1786.
Si tratta del canto del cigno della Marina della Serenissima, all’interno del quale si colloca la prova di forza decisiva tra due opposti fronti interni al patriziato veneziano: quello senatorio votato alla neutralità a ogni costo, per preservare autorità e ricchezza dei pochi dell’alta aristocrazia, e quello militare, disposto ad allentare le maglie del potere pur di ridare alla Repubblica rango internazionale. Nelle acque di Tunisi si consuma il dramma di Venezia, perché la sconfitta del partito militare porterà, in appena dieci anni, alla fine delle millenaria Repubblica di San Marco.
Venezia e l’assedio senza fine, l’epopea di Candia, 1646-1669
Nell’immaginario collettivo la lunga Guerra di Candia, quasi un quarto di secolo, è rappresentata in modo plastico dall’assedio della capitale dell’Isola di Creta, durato poco meno dell’intero conflitto. È d’altronde proprio l’incredibile resistenza della piazzaforte a dare sostanza alla volontà veneziana di continuare a combattere. Perché se fosse caduta in modo rapido, come sperato dagli ottomani, si sarebbe ripetuta la situazione di Cipro, più di un secolo prima: la conquista integrale dell’obiettivo dichiarato avrebbe spianato la strada all’accomodamento diplomatico sulla base del fatto compiuto. Strategia ben nota e praticata ancora oggi da qualunque potenza a vocazione imperialista.
La resistenza di Candia, dunque, è il perno attorno al quale ruotano tutte le vicende di questo conflitto che, per intrinseche caratteristiche, proietta sino al presente le sue conseguenze, permettendoci di meglio comprendere l’attualità attraverso la lezione del passato. Rappresenta anche uno spaccato formidabile di una civiltà, quella europea del Seicento, in cui maturano valori che diventeranno fondamentali per la società europea e che, in virtù del dominio di questa sul Mondo nei secoli successivi, plasmano l’intera dimensione culturale del Pianeta così come lo conosciamo.
Il potere marittimo veneziano, Guerra nell’Egeo 1645-1651
Nel 1645 inizia la Guerra di Candia. L’attacco dell’Impero Ottomano ha come obbiettivo l’isola di Creta il cui possesso, unito a quello di Cerigo nel Mar Ionio e di Tinos nelle Cicladi, permette alla Serenissima di controllare buona parte delle rotte navali a lunga distanza, che collegano il Ponente con il Levante mediterranei. Creta è indispensabile all’Impero per acquisire pieno controllo dello spazio marittimo orientale, ma lo è anche per Venezia che, grazie al Regno di Candia, mantiene profondità strategica e peso geopolitico. Con le conseguenti ricadute economiche e finanziarie.
Non si tratta di un conflitto inutile o “barocco”, come talvolta si legge, perché in gioco ci sono interessi vitali per entrambi. Per questo sarà la guerra più lunga e dispendiosa mai combattuta da Venezia, la quale poteva uscirne vincitrice. In particolare nel corso delle prime campagne, quando la Repubblica esercita il pieno dominio del mare. Questa è la storia di cosa successe allora.
Venezia, la triplice corona di Foscolo: 1645-1649
Lo scoppio della Guerra di Candia sorprende i Veneziani in Dalmazia in una situazione difficile: hanno pochi uomini in fortezze inadeguate, sparpagliate in forma discontinua, con scarsa artiglieria e un pugno di unità navali a collegare le basi aggrappate alla costa. Gli Ottomani, al contrario, dispongono di ingenti risorse umane con la possibilità di spostarle per vie interne, concentrandole dove serve. L’esito sembra scontato.
Con il nemico alle porte di Zara, Sebenico e Spalato, Venezia invia in Dalmazia un nuovo Provveditore Generale. Si chiama Leonardo Foscolo, continua a disporre di mezzi insufficienti, ma crea un’armata e inventa una nuova strategia: uso combinato di forze navali e terrestri per attaccare in profondità il nemico. Salva la Dalmazia, ampliandola di molto, e ha l’intuizione che potrebbe far vincere la guerra alla Serenissima.
Serenissima: Anno Zero
Ogni inizio ha le radici in una fine. Vale per i singoli e le collettività organizzate, sino alle più complesse finora elaborate dagli esseri umani: gli stati. Venezia nasce dalla dissoluzione dell’impero di Roma e trae vita dall’incapacità dei successori dell’impero di assumere il controllo della costa veneta. Questo spazio viene occupato da quanti abitavano città e campagne della terraferma. Costruiscono una propria organizzazione, per rispondere alle esigenze e alle sfide generate da una scelta rivoluzionaria: diventare anfibi, barattando la terra con il mare. Una scommessa per vincere la quale occorrono un popolo e una cultura nuovi. Nasce una nazione, che costruisce una città e crea una repubblica. Queste pagine ne raccontano l’alba. La quale è militare.
Una nuova Nazione, 698-811
La Venetia Maritima dell’VIII secolo è ormai uno stato formato, con propria dimensione politica e ideologica. La completa indipendenza si misura sulla capacità di elaborare un’autonoma geo-strategia, basata sul disinvolto impiego dei punti di forza disponibili. Esercito e flotta ne rappresentano i cardini oltre a esserne le radici istituzionali. Hanno permesso la nascita di una nuova nazione, comunità dai molti e diversificati apporti che ha prodotto una propria cultura in uno spazio condiviso: la matrice dell’inesauribile vocazione imperialista presente nel carattere nazionale dei Veneziani, che trova ulteriore alimento nella consapevole scelta marittima. Venezia non nasce romana, neppure bizantina, longobarda o franca, bensì veneziana. Lo stato prima, la città poi vennero fondati dai soldati e i marinai che impedirono a chiunque d’impadronirsi della linea di costa da Chioggia a Grado. Conservandola libera per oltre tredici secoli.
Venezia nella Guerra, le grandi battaglie della Serenissima
I quattro volumi Lepanto, fuochi nel crepuscolo, Venezia e gli Ottomani 1416-1571; La Serenissima contro il Mondo, Venezia e la Lega di Cambrai 1499-1509; L’ultima offensiva del Leone, Venezia ai Dardanelli, 1649-1657 e L’occasione perduta di San Marco, Venezia alla conquista dell’Italia, 1381-1484; riuniti in cofanetto.
Venice at War, the Great Battles of the Serenissima
That Venice is a republic founded on war is the thesis of this book, in which the author has attempted to combine the rigour of historical documentation with the fluency of a narrative as capable of arresting the reader’s attention as a novel. The history of the Serenissima has often assumed epic tones and presented us with characters worthy of fiction. But with one significant difference: hers is a story written in blood. Witness to this are the battlefields, on land and at sea, where the armies and naval fleets of the Repubblic confronted every type od adversary in the course of the centuries. Sometimes emerging the victors, on ther occasions paying for errors and the superiority of the foe with ignominious defeats. Courage and cowardice, audacity and fear, intelligence and stupidity, ambiguity and betrayal, as always in war, have accompanied those fighting under the banner of San Marco, forging the essential characteristics of the Serenissima, and subsequently proving to be decisive in the unfolding of political, social, economic and cultural events. Venice at War explicity argues that Venice, city and state, was born fighting and has never hesitated, except at the end, to use force whenever this was considered necessary, opportune, expedient: she used armed resistance against those who tried to subjugate her and built an empire in attack. An whitout hypocrisy, the book claims her right to do so. Because this is the ecology of the state-form. An essay with no room for the myth of a gay and licentious Venice, dedicated only to pleasure and desirous of peace, created by a great deal of publicity, a book unafraid to penetrate the most obscure corners of the true story of the Serenissima.
Alla ricerca di un’identità, 555-697
Nel secolo e mezzo che, secondo il Mito, trascorre tra l’invasione longobarda e l’elezione del primo doge si assiste a un cambiamento radicale nella Penisola. Per la prima volta dall’unificazione romana, l’Italia risulta divisa in realtà diverse e conflittuali. Occorreranno mille e trecento anni perché tale frattura venga ricomposta.
Può prendere così forma la nuova realtà politica dei Veneti della costa. A spingere alla sua definizione è, ancora una volta, la guerra a causa delle ripetute offensive longobarde, che restringono l’area sottratta al controllo dei sovrani di Pavia. Nessun aiuto arriva dall’esterno e l’unica speranza di salvezza, di nuovo, risiede nell’exercitus Venetiarum: fornirà i quadri, l’infrastruttura di base e la cultura del nascente stato marittimo.
Guerra Senza Fine, 422-554
Il dissolversi della parte occidentale dell’impero di Roma, che non riesce a uscire dalla spirale di guerre civili in cui si dibatte da tempo, coincide con l’affermarsi di necessari contropoteri territoriali locali. Il fenomeno non può venir contrastato dagli eredi dello stato romano, i cosiddetti regni romano-barbarici, per intrinseca debolezza e deficit culturale, in materia di arte di governo, delle aristocrazie guerriere al loro vertice. La costa veneta accentua il separatismo, sempre più attraente per quanti scelgono un’altra vita rispetto alla travagliata esistenza sulla Terraferma. Si rinforza anche la dimensione militare, grazie a una superiorità marittima alimentata da capacità nautiche scomparse altrove e dal crescente peso demografico. È il secondo, indispensabile, passo verso la nascita di una nuova nazione.