In uno dei miei ultimi interventi avevo sostenuto che l’arrivo di Trump alla Casa Bianca non avrebbe cambiato nulla nella politica estera americana, perché le costanti geopolitiche di lungo periodo avrebbero costretto il neo-eletto presidente a incanalarsi lungo i binari tradizionali per non danneggiare il vero “interesse nazionale” degli Stati Uniti. I fatti degli ultimi mesi sembrano aver smentito questa previsione. Ed è così, in realtà, in modo netto e clamoroso. Ho capito poco io di quali siano tali “costanti” e interesse nazionale USA? Oppure un elemento di discontinuità si è introdotto sulla scena, cambiando l’intero dramma in corso?
La Storia non è mai una meccanica deterministica, per cui si possa formulare sulla base di elementi certi una soddisfacente previsione del futuro. Potrei invocare Karl Popper per confutare l’altro Karl e cioè Marx. L’evidenza delle svolte storiche racconta dell’impossibilità anche solo d’immaginarle in anticipo. Anche perché succede che si finisca per trascurare almeno qualcuno dei fattori della partita. In un altro articolo avevo anche sostenuto, sulla base dell’esperienza portoghese che ha portato i lusitani a doppiare il Capo di Buona Speranza per arrivare in Asia e costruirvi il loro Impero Marittimo, come sia la strategia a produrre l’economia e non viceversa. Del resto, per uno stato esclusivamente atlantico non esistevano alternative a cercare una “via” commerciale che non passasse per il Mediterraneo, dominio già di altri. Successe. Le rotte oceaniche e la catena di basi africane e nell’Indo-Pacifico diedero alle “costanti” portoghesi sostanza geostrategica. Non sono cambiate nemmeno quando la costruzione imperiale venne meno. Semplicemente, entrarono in gioco fattori di debolezza capaci di minarne le fondamenta. E l’Impero crollò.
Perché questo succede agli Imperi: alla fine, stressati dal loro continuo dilatarsi, dalla necessità d’intervenire ovunque perché l’espansione senza fine è la loro “costante” strutturale, si dilatano oltre misura e la forza che li ha prodotti e sviluppati non è più sufficiente né a garantirne l’ulteriore sviluppo e neppure, spesso, a mantenerli in piedi. Collassano sotto il peso delle loro dimensioni. È sempre accaduto nella Storia, questa è una “costante di lungo periodo” senza alcun dubbio, ed è probabile stia succedendo adesso con l’Impero USA. Perché è scattata la Legge di Ferguson, sviluppo del pensiero originariamente di un altro grande storico britannico e cioè Paul Kennedy. Di cosa si tratta?
Kennedy sosteneva che gli Imperi crollano per «overstretching», cioè a causa del dilatarsi oltre misura di spese militari non più sostenibili. Per ragioni economiche, ma anche solo demografiche. A un certo punto, cioè, soldi e uomini non bastano più. Uno dei casi più celebri è quello dell’Impero Romano: quando il 31 dicembre 406 Vandali, Alani, Burgundi, Svevi e altri attraversano il Reno e dilagano fino all’attuale Gibilterra, sottraendo a Roma le Gallie e l’intera Iberia, non devono fare un grande sforzo. Non c’è nessuno a fermarli e infatti si bloccheranno solo davanti all’Oceano. L’Impero non ha più soldati e neppure soldi. Il suo non sarà un crollo improvviso, ma progressivo per la tenacia di alcuni uomini straordinari e la capacità di gestire il poco disponibile. Però, la fine verrà solo ritardata. Roma si era dilatata troppo, l’aveva già osservato il primo Cesare e cioè Ottaviano Augusto, non era possibile procedere oltre nelle conquiste. Il problema di Roma, però, allora fu aggravato da una miscela micidiale di guerre civili, epidemie, crisi economica che divenne demografica a causa delle prime due ragioni in grado di produrre lo spopolamento di campagne e città. Si fronteggiarono così dalle due parti del Limes «una terra senza uomini e uomini senza terra», per usare le parole di un’antichista come Lellia Cracco-Ruggini. Il risultato, la cosiddetta «migrazione dei popoli» da noi nota come «invasioni barbariche» e, sul lungo periodo, la fine dell’Impero di Roma.
Successe lo stesso altrove e in momenti diversi. Si può condividere che gli Imperi, in genere, cadano in questo modo: per «overstretching». E Ferguson? Lo storico scozzese ha perfezionato l’idea di Kennedy. Ha osservato che quando la curva della spesa per interessi sul debito pubblico supera quella per la difesa o militare, se si preferisce, uno stato, qualunque esso sia, finisce in «overstretching». Nel caso di un Impero, si avvia alla caduta e questa molte volte è repentina e inaspettata agli occhi dei contemporanei. Al contrario di quella di Roma, viene da osservare. Mutuando l’espressione di Cracco-Ruggini, l’Impero finisce quindi quando si fronteggino “una terra senza soldi e soldi senza terra”. I secondi “migrano” e occupano lo spazio che a loro serve. Cosa c’entra con gli USA oggi? La curva del servizio del debito americano ha superato quella delle pur enormi spese militari giusto nel 2024. E questo debito è per lo più in mani straniere, in particolare cinesi.
La mossa di Trump, dunque, serve senz’altro a soddisfare la frustrazione del 38% di popolazione, per lo più bianca e periferica, priva risparmi e attività finanziarie e oppressa invece da debiti ormai impossibili da ripagare, ma ha anche un’altra motivazione di fondo: in effetti, l’Impero USA si trova davanti a quella che viene chiamata «biforcazione catastrofica al margine del Caos». Punto nel quale le oscillazioni geopolitiche aumentano d’intensità, provocando azioni e reazioni spesse violente perché gli attori in campo cercano d’indirizzare il corso delle cose in senso favorevole. Succede alla Russia di Putin, dotata senz’altro di un potente arsenale nucleare ma sotto ogni altro aspetto Impero già caduto, lo zar dimostra sempre un grande rimpianto per l’URSS, e attore geopolitico spesso emarginato sulla scena mondiale a favore del grande Impero emergente: la Cina. La Russia ha reagito scatenando una serie di offensive militari nel tentativo di recuperare status internazionale. E gli USA?
Trump, dopo che i predecessori hanno provato a risolvere la questione allo stesso modo, Guerre d’Iraq e Afghanistan su tutte, tenta adesso di raggiungere il “riequilibrio” dei fattori strutturali che hanno prodotto l’«overstretching». Lo ha individuato nello sbilancio commerciale con il Resto del Mondo, da qui i dazi. Un po’ di storia romana aiuterebbe a capire che si tratta di ricetta vecchia come gli imperi, destinata a fare sempre la stessa fine: fallire. Anche perché la Globalizzazione, con la conseguente delocalizzazione della manifattura e la centralizzazione delle attività finanziarie, ha alimentato per mezzo secolo l’Impero USA. Come acutamente osservato dal cinese Qiao Liang nel suo lavoro L’arco dell’Impero, usando per altro idee già presenti nel precedente a quatto mani con Wang Xiangui Guerra Senza Limiti, la vera arma letale di Washington è stata il dollaro: valuta di pagamento e di riserva del Pianeta e proprio per questo strumento per alimentare senza fine le ambizioni dell’Impero a stelle e strisce. Fino al 2024. Perché da quel momento il debito americano, emesso allegramente e piazzato ovunque a basso costo, si è scoperto essere diventato insostenibile e pure per lo più in mani cinesi. Che fare?
La reazione di Trump e della sua amministrazione è stata quella che sappiamo. Funzionerà? Per il momento è riuscita a coalizzare contro Washington l’intero Pianeta distruggendone la «reputasiòn», come dicevano i Veneziani. Gli USA sono diventati imprevedibili e inaffidabili. Per un Impero il peggiore dei danni possibili. Vedremo come evolverà nel medio periodo la situazione, ma di sicuro la scena della geopolitica mondiale non è mai stata tanto confusa e popolata da attori decisi a ritagliarsi la propria fetta d’influenza, convinti che adesso sia “il” momento. E hanno ragione. Di certo, gli «interessi nazionali» degli USA non andavano e non vanno in questa direzione. Li avrebbero meglio serviti le “costanti geopolitiche di lungo periodo”, ma questo succede quando a dettare le scelte sono un manipolo di cowboys convinti che ribaltare il tavolo e impugnare la Colt in faccia a chiunque, nemici e amici di un tempo pari sono, per portarsi via l’intero piatto sia l’idea migliore. In geopolitica, invece, è un atteggiamento molto pericoloso, spesso letale. Forse l’Impero USA non crollerà subito e in modo clamoroso, può darsi abbia imboccato la strada di una lenta decadenza, ma, intanto, il primo risultato tangibile dell’approccio di Trump&Co. è di aver “risvegliato” dal loro lungo sonno Germania e Giappone: decisamente il Vecchio Ordine prodotto dalla Seconda Guerra Mondiale è finito.