Chiamiamolo con il suo nome, tanto per cominciare, quindi Fontego e non Fondaco. Il che rappresenta un modo per spiegare la meta: un edificio al servizio della Città che parli della Città a chi ci vive e che provi a spiegarla a quanti di passaggio, offrendo insieme e nei medesimi spazi, servizi, cultura e merci. Niente di più della funzione alla base del concetto stesso di fontego. Del resto, la semplicità è spesso una virtù: perché, allora, non ripristinarne la destinazione originale per dare presente e futuro all’edificio così profondamente restaurato e quindi già bell’è pronto in base a qualunque normativa?
Stabilito l’obiettivo, bisogna anche dire come arrivarci, però, altrimenti restiamo nel campo della retorica. All’interno del Fontego vedrei bene il Museo della Civiltà Veneziana e delle Arti Applicate. Suo nucleo fondante, la collezione ceramiche della Direzione Regionale Musei (Musei Statali) non più visitabile da anni, ma conservata nella misura di 14.000 pezzi alla Ca’ d’Oro. Sarebbero già disponibili le vetrine per ospitare i primi 500 pezzi, tutte realizzate appositamente per lo scopo e quindi soltanto da spostare materialmente e, fatto ancora più importante, si potrebbe interpellare la persona che quella collezione ha per intero catalogato e quindi a suo tempo esposto. Diciamo, la curatrice potenziale.
A questo, potremmo aggiungere quanto presente nelle collezioni del Museo Correr e di Ca’ Rezzonico (Musei Civici e quindi Comune di Venezia), liberando spazi preziosi in questi due per esporre quanto, ed è molto, attualmente nei magazzini: ne guadagnerebbero sia i due Civici che, è ovvio, il nuovo Museo della Civiltà. Nel quale vedrei bene sezioni dedicate al vetro, impiraresse per esempio, al merletto, ai tessuti, all’arti degli squeraloi e a tutte le forme di artigianato tradizionale. Esposizione di manufatti storici, di ricostruzioni accanto a botteghe per la produzione e la vendita diretta al pubblico. Non un book-shop standardizzato come oggi si vede ovunque in città, bensì veri e propri punti di dimostrazione, dove possibile di produzione e sempre di offerta di merce di qualità.
Accanto ad area conferenze, musica e spettacoli: i quali dovrebbero essere senza soluzione di continuità, coinvolgendo innanzitutto le realtà locali, che sono tante. Senza dimenticare, ristorazione & osterie: perché il cervello funziona meglio se è ben nutrito, specie con prodotti del territorio e a chilometro zero o poco più in là. Godendo, intanto, del panorama della Terrazza e di una serie di plastici realizzati per mostrare e far quasi toccare con mano nascita e trasformazione di città e laguna. “Come” la prima è stata costruita, la seconda si è formata. Quali siano i punti di forza e le debolezze. Cercando attraverso il passato di comprendere meglio il presente e cercare di immaginare il futuro. Può aiutare a prendere le giuste decisioni. Il tutto dentro un edificio che, grazie allo schema appena visto, riesce ad autosostenersi, garantendo un bel po’ di posti di lavoro stabili e di qualità. Già visto e sperimentato in giro per il mondo. Anche in Italia, senza dover fare troppa strada. Utopia o basterebbe solo un po’ di volontà?