Sono ottimista, di natura e per convinzione, quindi portato sempre ad affrontare in termini positivi le difficoltà e a cercare di progettare il domani. Questo nella persuasione che sarà migliore del presente. Così, anche se siamo in piena Pandemia e passeggiare in una Piazza San Marco vuota mi provoca brutte sensazioni, d’istinto reagisco e comincio a pensare alle future elezioni amministrative. Quando, cioè, gli attuali presidente della Regione, Luca Zaia, e sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, non potranno a norma di legge riproporre la propria candidatura. Una doppia assenza che apre stimolanti prospettive per chi pensi che entrambe, Regione e Città, avrebbero un vantaggio a imboccare strade nuove. Inizio, quindi, una serie di articoli il cui contenuto sarà rappresentato da qualche idea per un Programma in vista della scadenza elettorale del 2025. Parlerò di cose da fare in vista del raggiungimento di una meta, non di schieramenti e di persone, perché lo ritengo inutile per non dire dannoso.
Partirò da un elemento che considero un dato di fatto: Regione e Città di Venezia sono realtà avanzate della parte sviluppata del Pianeta. Non fa differenza si prendano in esame ricerca scientifica, cura della persona, produzione industriale o agricola, artigianato, cultura, logistica, qualunque sia il campo ci si confronta sempre con il meglio delle capacità umane. Ne consegue che ci sono a disposizione intelligenza, esperienza, capitali presenti o mobilitabili per puntare a realizzazioni impegnative, basta siano oggetto di progettazione ben strutturata. Niente è precluso, si può agire, bisogna però volerlo. Occorre, dunque, una meta per tracciare la rotta migliore. Direi che partiamo da una condizione privilegiata. È già molto visto che gran parte del Pianeta non gode di tale situazione.
La nostra meta a lunga distanza, dunque. Vogliamo una Regione e una Città dove vivere bene e sicuri per poter liberamente sviluppare le nostre inclinazioni. Ci piace che questo sia Bene Comune, a disposizione di tutti, ereditabile dalle nuove generazioni. Per farcela, dobbiamo togliere di mezzo qualche ostacolo, in quanto è evidente che oggi le cose non stiano proprio così. È il motivo per cui nel 2025 serve imboccare strade nuove. Le vecchie sono state percorse fin dove possibile, insistere sarebbe un errore. Quali sono? Provo a indicarne qualcuna.
Questa è una Regione industriale. Anche la Città lo è. Ce ne siamo dimenticati, però farsi un giro lungo qualche asse stradale e per Porto Marghera aiuterebbe a ricalibrare le nostre opinioni in merito. L’industria ha sempre avuto due grandi difetti di partenza: inquinare per produrre e consumare un bel po’ di energia. Come se ne esce? Esplorando nuove tecnologie e adottando per via normativa indirizzi e restrizioni capaci di rendere obbligatorie determinate scelte. In Europa è un processo evidente. È sotto la spinta dei regolamenti dell’Unione che ci si è inoltrati sulla via della raccolta differenziata dei rifiuti, per esempio, e si stanno affrontando i primi tentativi di economia circolare e di transizione verso la mobilità elettrica. Qualcosa di più che accodarsi alle scelte di Strasburgo e Bruxelles, forse, si potrebbe anche fare. Un esempio aiuta a capire.
Veritas effettua la raccolta in terraferma tramite autocarri diesel che si dirigono sulla viabilità ordinaria ai centri di smistamento e trattamento. Si tratta di diesel vecchi, molto spesso, e quindi di per sé poco ecologici, i quali motorizzano veicoli di grosse dimensioni che ingombrano strade già congestionate. Aumentando così inquinamento e possibilità d’incidenti. Perché non trasferire il trasporto dell’immondizia su chiatte, sfruttando i canali che da sempre esistono e talvolta sono addirittura paralleli all’asfalto? La risposta è che costa di più. Forse all’azienda Veritas, ma è tutto da vedere, di sicuro non alla collettività, sia Regione o Comune. Questo per la ragione che il semplice prezzo al chilometro del trasporto, come lo calcola Veritas, dev’essere addizionato dei costi sociali provocati dall’aumento dell’inquinamento e dal maggiore traffico. Il quale insiste sulla logistica in generale, tra le altre cose.
L’esempio applicato a Veritas lo dobbiamo moltiplicare per tutte le aziende multiservizi che operano nella Regione e che potrebbero sostituire il trasporto via terra con quello su acqua. Magari con nuove chiatte elettriche anziché diesel, tanto per dire. Teniamo conto che i rifiuti non sono merce deperibile e neppure con particolare necessità di raggiungere lo smaltimento in tempi brevi: possono aspettare quelli necessari. In più riattiveremo le vie d’acqua.
Questo delle “strade liquide” è questione annosa e mai affrontata. Si è sempre preferito stendere un nastro d’asfalto piuttosto che ripristinare tracciati antichi eppure efficienti. Qualcuno si sorprenderà, ma è solo nell’Ottocento che Vicenza cessa di avere un porto fluviale, così come Padova. Pure Verona è raggiungibile direttamente dal mare oppure Treviso, Rovigo, San Donà, Portogruaro, Adria e via dicendo. La Regione di Venezia è come la sua città simbolo e capitale: una realtà d’acqua. Basti pensare alla quantità di fiumi che la solcano e che davano vita a un complesso sistema di comunicazioni sicure e dai tempi di percorrenza certi. Cioè quanto potrebbero tornare a essere. Solo che esistesse la volontà di passare dagli enunciati a una progettualità effettiva. La quale non può che essere fatta da altri se non dalle istituzioni pubbliche, in particolare dagli enti locali, Regione e Comuni, perché soli a poter mettere insieme tutti i dati di un corretto conto economico: il quale comprende tanto per cominciare la salute, del territorio e dei singoli che non sono elementi disgiunti, e la necessità di affrontare sfide come il cambiamento climatico. Veritas, e con essa ogni azienda multiservizi, non può essere lasciata sola a prendere decisioni di questo tipo, deve solo fornire le risposte tecniche a indirizzi generali dettati dal superiore interesse della collettività.
Ovviamente si tratta solo di un esempio. Facendolo, però, abbiamo già affrontato diversi aspetti di un possibile programma per il 2025, a livello regionale e comunale, toccando questioni come l’economia circolare, la logistica, la gestione delle risorse idriche, la sanità in senso allargato. Già, perché l’argomento “strade liquide” entra nel vivo di come sono gestiti i fiumi, vedi il caso esemplare del Piave, ovvero dell’agricoltura, degli acquedotti, delle centrali idroelettriche. Perché, e con questo pensiero su cui riflettere per ora vi lascio, tutto è connesso in maniera inscindibile, in quanto viviamo in una realtà complessa, da intendersi non nel senso etimologico della parola, ma secondo l’approccio scientifico/filosofico alla complessità di sistemi formati da sottosistemi altrettanto complessi, variamente interagenti e da cui nascono le emergenze, vale a dire qualità dalle caratteristiche addirittura assenti in quanto tali in qualcuna delle componenti di partenza. La complessità di Edgar Morin e Giorgio Parisi, insomma[1]. E il primo dei sistemi complessi siamo noi, donne e uomini dalla natura davvero complicata. Come la Pandemia ci ha appena mostrato per l’ennesima volta. Alla prossima puntata.
[1] Cfr. Edgar Morin, Penser global. L’homme et son universe, Paris, Éditions Robert Laffont, 2015; Id. La sfida della complessità, Firenze, Le Lettere, 2017.