Eh, già, mi tocca scomodare proprio Galileo Galilei: si muove; non solo, si alza compatto; di più, separa davvero le acque. Non si rovescia. Niente onda devastante che piomba sulla città attonita. Insomma, funziona. Meraviglia, stupore, un nodo alla gola pensando a quanto tempo se ne è rimasto nascosto là sotto, inoperoso, mentre noi quassù c’inzuppavamo di salsedine, sudore e rabbia dentro stivali sempre più alti e inutili. A quanto pare funziona. Parlo del sistema di dighe mobili chiamato M.o.S.E., penso sia chiaro.
Lo è altrettanto che dobbiamo frenare l’entusiasmo. Finora è andato tutto bene, non c’è dubbio. Si è posizionato regolarmente con calma piatta e mare mosso spinto da vento modesto: lo attendiamo non appena Adriatico e Scirocco decideranno di saggiarne davvero la forza. Credo non dovremo aspettare molto. I cosiddetti eventi meteorologici eccezionali sembrano diventati la norma. Succede sempre quando le cose cominciano a girare per il verso sbagliato, La Storia ce lo insegna. Epidemie, cataclismi, guerre, crisi economiche e morali hanno la maledetta tendenza a colpire unite. Avete presente i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse? Sono loro. Sono qui, adesso.
In un tempo con ormai idee vaghe sulle Scritture, probabilmente il paragone suggerisce poco. Forse i titoli d’apertura dei notiziari, però, potrebbero suggerire che viviamo un’epoca travagliata. Piena di difficoltà. Dominata dalla paura. Confusa. Incapace di trovare risposte alle troppe domande che l’assediano. Anche perché invece di percorrere le vie semplici, sceglie di continuo d’infilarsi lungo i penosi tornanti d’infinite deviazioni. Convinta di trovare dopo una delle tante curve cieche, disseminate sul tragitto, una risposta migliore. Invece…
… il meglio è nemico del Bene. Si tratta di un vecchio adagio, quanto mai adatto al nostro M.o.S.E. Perché? Noi qua non potevamo costruire “qualcosa” che si limitasse a svolgere il lavoro per il quale era stato pensato, ma dovevamo realizzare un unico geniale e d’insuperata particolarità. Dighe mobili che scompaiono alla vista, permettendo il ricambio delle acque assieme alla piena navigabilità dei canali portuali. Per navi di tonnellaggio crescente. Cos’era se non l’Ottava Meraviglia? Nessuno pare essersi posto il problema dell’audacia di ottenere tre risultati divergenti: salvare la città dalle maree, la laguna dalla morte per anossia, il porto dalla chiusura delle vie d’acqua. Ah, dimenticavo, togliendosi pure di mezzo quando non serve. Per ragioni estetiche.
Oggi mi piacerebbe poter dire che la missione impossibile è stata, invece, portata a termine. A dispetto della spaventosa quantità di sabotaggi subiti. Già, perché non saprei definire in altro modo le ruberie e i ritardi, imposti spesso ad arte. Sfruttando anche l’impegno di quanti non credevano si fosse in grado o si potesse arrivare sino in fondo. Per ragioni tecniche. Oppure perché ogni maledetto giorno appariva una nuova soluzione, la quale sarebbe stata di sicuro superiore a quella per la quale si stava lavorando. Ci si è dimenticati che il meglio è nemico del Bene.
L’aveva intuito già Tucidide alla fine del V secolo prima dell’Era Comune, mentre cercava di ricostruire quali tortuose avessero condotto la colta, cosmopolita e ricchissima Atene, con il suo poderoso Impero marittimo, a crollare davanti agli ottusi e poveri contadini venuti da Sparta.[1] Già, com’era successo? Era entrata in gioco τύχη, la sorte grande arbitra dei destini umani e quindi il caso,[2] ma gli ateniesi avevano gettato sul piatto di loro iniziativa ἄστατον, l’incostanza, e quindi ὕβρις, la superbia. Ecco perché. Unita alla ricerca senza fine del meglio. Per sé stessi, per la propria città, per l’Impero, immaginato al solito senza fine e senza limite alcuno. Poi, qualcuno aveva cominciato a chiedersi se fosse una buona idea rimanere sotto il calcagno dei figli di Άθήνη Παρθένος. Trovarono la risposta tra gli scudi degli opliti spartani.
Cosa c’entra, direte voi. Molto, in realtà. La storia del M.o.S.E. è quella di un progetto frutto di decenni di studi accurati, sul quale sono stati riversate attese enormi dopo averlo caricato di responsabilità altrettanto grandi. In sostanza si è realizzato un prototipo unico al mondo e come qualsiasi manufatto con queste caratteristiche con costi e tempi di realizzazione smisurati. Nei quali si sono infilati interessi occulti e furti, favoriti gli uni e gli altri dalle oggettive difficoltà tecniche. Aggravate, però, dalla strutturale incapacità del nostra catena decisionale di condurre a compimento quanto deliberato. Questo perché sempre e di continuo si tende a tornare indietro su quanto stabilito. Intanto, bloccando tutto.
L’esempio clamoroso viene da diversi sottosistemi del M.o.S.E. invecchiati prima ancora di entrare in servizio. Come Mai? Per la banale ragione che si tratta di un evento inevitabile se c’impieghi decenni a finire il lavoro. In particolare quando si tratti di programmi informatici e apparecchiature elettroniche. Software e hardware, se vi piace di più. Il meglio è nemico del Bene, appunto.
La conclusione della vicenda è semplice: una volta deciso di realizzarlo, andava costruito di corsa e messo in funzione al più presto. Certo, si rischiava un fallimento assai oneroso nel caso non avesse funzionato, ma qualcuno ha fatto i conti di quanto si è già speso per non averlo in attività? Vogliamo aggiungerci che se il nostro prototipo fosse stato di successo, pare comunque il suo destino, come tutti i frutti di ricerca avanzata avrebbe generato a cascata un indotto di altre realizzazioni e un beneficio generale per il famoso, e mai preso in considerazione, “sistema paese”?
La ricerca non è un puro costo bensì un investimento, sempre. Le ricadute a volte sono assai distanti dal terreno di semina, nel tempo e nello spazio, tuttavia ci sono. Misurate anche solo in termini monetari, producono ritorni assai superiori alle spese sostenute. Non sul piano astratto, ma nel conto economico del Paese. Anche il M.o.S.E. poteva contribuire. Se abbiamo τύχη, la sorte, dalla nostra parte forse lo farà ancora. Di dighe mobili il Pianeta avrà presto bisogno ovunque.
[1] Tucidide, Storie, III, 37, 3 (discorso di Cleone figlio di Cleeneto all’Ecclesìa di Atene a favore della punizione dei Mitilenei) «Ma il pericolo maggiore sta nell’incostanza delle decisioni, se non ci convinceremo che si regge meglio una città dalle leggi mediocri ma salde, piuttosto che una dalle leggi buone ma non applicate; è più vantaggiosa l’ignoranza unita alla disciplina che non l’abilità con la sfrenatezza; le città di solito sono amministrate meglio da cittadini semplici che da quelli più intelligenti.»
[2] Ivi, III, 45, 3 (risposta di Diodoto figlio di Eucrate nella stessa occasione) «Tutti per natura son portati a macchiarsi di qualche colpa privata o pubblica, e non c’è legge che possa impedirlo (…)»