Lo ha detto lo Zar di tutte le Russie del Terzo Millennio, Vladimir Vladimirovič Putin, cioè l’ex-funzionario del KGB sovietico che ha sfruttato con infinita abilità quanto appreso alla Lubjanka e dintorni prima per conquistare il potere e poi per mantenerlo. Con ogni mezzo. A partire dall’eliminazione degli avversari. Delle libere elezioni. Di ogni maledetto feticcio democratico così inadatto alle abissali profondità dell’autentica anima russa: vogliamo non credergli?
Con la franchezza di chi è abituato a non pagare mai dazio per quel che dice e, peggio, che fa, Putin ha dato fiato a una corrente di pensiero oggi in grande spolvero in tutto il mondo. Dalla Polonia all’Ungheria, dalla Cina al Brasile e alla Turchia per finire sotto molti aspetti agli USA così come li sogna Donald Trump, non a caso apprezzato dall’ineffabile Putin con un esplicito “ha talento”, è ormai un coro. Il populismo nazionale, variamente declinato a seconda delle particolarità locali è l’ideologia di maggior successo ovunque. Anche in Italia. Sono populisti nazionali senza ombra di dubbio la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle, non a caso scosso dai tentativi di rivolta di quanti credevano fosse un’altra cosa… avete notato il ritmo delle espulsioni a ogni livello, nazionale e locale, che stanno ridisegnando l’anima politica dei pentastellati?
Nulla di strano e neppure di nuovo. Sembrano passati secoli dalla “Fine della Storia” di Francis Fukuyama, il fortunato quanto del tutto sballato saggio del 1989 che accreditava la liberaldemocrazia capitalistica quale vertice finale dell’evoluzione economica e politica dell’umanità. A trent’anni esatti dalla sua uscita sembra che dobbiamo invece celebrare il funerale del liberalismo a causa del trionfo planetario del suo ultimo avversario, apparentemente sconfitto con la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989. Perché il populismo nazionale non è nient’altro che una versione aggiornata dei totalitarismi novecenteschi creduti estinti. Per questo il mio “nulla di strano e neppure di nuovo”.
Basterebbe un po’ di memoria e rispolverare parole d’ordine e concetti che determinarono il successo dei vari fascismi europei tra anni Venti e Trenta del Novecento per rendersi conto di quanta sia la somiglianza con gli attuali “populisti nazionali”. Quelli si definivano “socialisti nazionali”, ma è evidente che per ragioni di opportunità l’espressione non è riciclabile. Ancora. Perché tra uno sdoganamento e l’altro non è poi tanto sicuro dove andremmo a parare. Consiglio la lettura di Marco Piraino e Stefano Fiorito, L’identità fascista -progetto politico e Dottrina del Fascismo, scritto da due fascisti doc. Magari nell’edizione aggiornata del 2017. Vi si troverà l’intero bagaglio ideale salviniano, vocabolario incluso.
Io credo abbia ragione chi sostiene che la Lega sia stata oggetto di un’azione mirata d’infiltrazione da parte di gruppi organizzati neofascisti e neonazisti: come spiegare altrimenti l’incredibile giravolta da partito identitario del Nord, con progetto secessionista, a movimento “sovranista” in cui gli odiati “italiani” hanno sostituito del tutto i precedenti “padani” neo-celtici? Una parabola che, guarda caso, interessa svariati gruppi e gruppuscoli sparsi per l’Europa, dal Mar Baltico al Mediterraneo. Il tutto con la benedizione dei due grandi “pupari” in azione su scala geopolitica globale e cioè gli USA di Trump, già ispirato da Steve Bannon cioè uno dei suggeritori di Salvini, e la Russia di Putin.
Tutti soggetti che vogliono la “morte dell’Europa”: democratica e liberale dovrebbero aggiungere. Perché un’Europa così, con le sue potenzialità economico-industriali e politico-militari intatte, può diventare un rivale troppo pericoloso. Meglio allora avere a che fare con tanti “spiccioletti..”, per riprendere le parole usate da Nicolò Macchiavelli in riferimento ai più piccoli staterelli italiani del suo tempo, del tutto incapaci di sviluppare la massa critica necessaria per avere voce in capitolo nella partita a scacchi in corso per il dominio del mondo. “Spiccioletti…” però, stabili al loro interno e sicuri, per questo bisogna metterli nelle mani di pochi e fidati uomini. È più facile controllare un singolo che un gruppo, peggio ancora un’intera comunità, magari pure numerosa!
Se questo è il male, bisogna però trovare la cura. Il primo è chiarire quali siano i “valori non negoziabili”: Libertà-Uguaglianza-Fratellanza potrebbero andare bene? La Legge è uguale per tutti, anche? Che ne dite se ci mettiamo pure che il “politico” non può invadere tutto e giustificare ogni cosa? Perché dire, “si candidi e prenda i voti”, cara a Salvini ma anche a Di Maio e prima di loro al comico di tutti i disastri Grillo, è un’emerita sciocchezza: “avere i voti” non autorizza a compiere qualunque scellerataggine e a invadere ogni spazio della vita associata. Si chiama “separazione dei poteri”, nella dottrina classica ne individua di base tre, Legislativo-Esecutivo-Giudiziario, e stabilisce che ciascuno è indipendente nella sua sfera. Non è che perché ha “preso i voti” l’esecutivo controlla tutto! Accadeva così, guarda un po’, nei famosi totalitarismi del Novecento. Ci hanno riprovato proprio Putin in Russia ed Erdogan in Turchia. Piacerebbe un sacco a Salvini e Di Maio in Italia, alla Le Pen in Francia, a Vox in Spagna, ad AFD in Germania e via dicendo. Tutti servi sciocchi al servizio di chi li manipola per distruggere l’unico vero bene di cui disponiamo: l’Europa del Manifesto di Ventotene, di Robert Schumann e Konrad Adenauer, di Alcide De Gasperi, di Giustizia e Libertà, di tutti quelli che hanno lottato spesso giocandosi la vita per un’Unione di donne e uomini liberi.
Si avanzano molti rimproveri ai partiti popolari, socialisti e democratici europei per non avere saputo interpretare il disagio montante nella società, fornendo le necessarie risposte. Senz’altro vero, ma la domanda forse dovrebbe essere girata: cos’ha fatto ciascuno di noi perché tale disagio finisse all’ordine del giorno? Sicuri di avere fatto tutto il possibile e di poter mostrare una coscienza immacolata? Oppure bisognerà ammettere che la responsabilità non è sempre di “altri”, ma guarda un po’ anche “nostra”?