Lo so, quando gli storici parlano di geopolitica in tanti storcono la bocca: che vorranno mai questi strani amanti di formule astruse? In realtà, cercano solo di condensare in una parola un concetto assai semplice e sotto molto versi banale. L’importanza decisiva della geografica nell’orientare le scelte politiche. Vale pure per quelle economiche.
Vediamolo nel concreto. Corriere della Sera di lunedì 14 maggio 2018: «La corsia di sorpasso, il motore del paese si è spostato verso Nordest. Porti e autostrade registrano passaggi record di merci e automezzi, il Pil cresce in misura più marcata, anche i “vecchi” distretti brillano: benvenuti nel nuovo triangolo industriale.»
Le cifre parlano da sole e sono eloquenti. Raccontano i risultati ottenuti dalla parte più dinamica del Paese, non più in termini percentuali, ma in cifra assoluta. Non ci fosse “dall’altra parte” la singola città di Milano, il Nordovest sarebbe surclassato.
Come mai? La risposta dovrebbe essere articolata e complessa, possiamo però riassumerla con una singola espressione: geopolitica. A mettere il turbo all’economia del Nordest, infatti, è stato a suo tempo il crollo della famosa «cortina di ferro» e la scomparsa della frontiera ai valichi triestino-goriziani. All’improvviso, quest’angolo della Penisola ha smesso di trovarsi sulla «prima linea del fuoco» di due avversari irriducibili e pronti, reciprocamente, a sbranarsi per trovarsi collocato al centro d’Europa.
Basta una banale carta geografica, d’altronde. Qual è il punto della costa più vicino all’asse Monaco di Baviera-Praga? L’Alto Adriatico. Il quale ha immediatamente ritrovato la sua antica funzione di autostrada liquida per merci e uomini. Vale a dire, la fortuna originaria delle antico-venete e romane Altino e Aquileia prima, di Venezia e Trieste poi.
Sarà un caso, ma l’Adriatico ha di nuovo superato il Tirreno per quantità del traffico merci, in entrata e in uscita. Lo stesso vale per treni e tir. A completare il discorso, il 28 novembre 2018 dalla cittadina pavese di Mortara è partito un treno di 17 vagoni lungo 479 metri. È arrivato a destinazione dopo 17 giorni di viaggio. Meta? Chengdu, quasi 15 milioni di abitanti e capoluogo del Sichuan. In sostanza, il cuore della Cina.
Saranno tre coppie a settimane i treni che se ne andranno su è giù per questa “via della Seta” di ferro. Un altro tassello del grande progetto geostrategico cinese per cercare di aggirare il controllo americano degli oceani. Come nel Medioevo, insomma. Esattamente ciò che ha prodotto la ricchezza e la grandezza di Venezia Serenissima.
Il Nordest sta sorpassando il Nordovest, cioè si sta riproducendo la medesima situazione già vissuta dall’Italia nel passato. Una divisione della Penisola che non si articolava lungo l’asse Nord-Sud bensì Est-Ovest. È esistita e sta tornando a esserci un’Italia adriatica con interessi spesso concorrenti a quelli dell’Italia tirrenica.
Nella storia unitaria è stata la seconda a imporre i propri, forte anche della natura di frontiera della seconda. In particolare della sua parte settentrionale. Le Alpi orientali hanno rappresentato una porta da vigilare e sulla quale si è combattuto a ripetizione, prima a causa dell’Austria asburgica e poi della già citata «cortina di ferro».
Adesso, però, la situazione geopolitica, ecco il punto, è cambiata e gli effetti sono evidenti. La spinta verso Ovest del gigante cinese è di natura diversa da quella dell’Unione Sovietica: al momento non è tanto militare quanto commerciale e finanziaria. Il progetto delle nuove vie della Seta ne fornisce la prova plastica.
Gli obiettivi cinesi sono palesi, ma coincidono con gli interessi della metà adriatica della Penisola. Riuscire a collegare in modo diretto i due terminali opposti dell’isola-Mondo può avere conseguenze rivoluzionarie. Sotto molti aspetti le ha già prodotte e lo possiamo misurare quasi ogni giorno.
Geopolitica e geostrategia, dunque. Per capire chi siamo e dove vogliamo andare. Perché, sia ben chiaro, tutto quanto accade succede comunque, sia che noi si voglia partecipare, come fece a suo tempo Venezia dall’XI al XV secolo, sia che si venga tentati da qualche sirena “isolazionista”… e sappiamo in che modo la Serenissima finì.
Allora, forse, è meglio essere della partita. Forse non suona tanto bene, ma “geopolitica” è davvero la parola giusta.[1]
[1] Per tutto quanto sopra, inevitabile i richiami almeno ad Alfred T.Mahan, The influence of Sea Power upon History, 1660-1783, trad it. Antonio Flamigni, Ufficio Storico della Marina, Gaeta 1994; Sergej Karpov, La navigazione veneziana nel mar Nero, XIII-XIV secolo, trad. G.Fanti e M. Bakhmatova, Ravenna, Edizioni del Girasole, 2000; Federico Moro, I Geniali di Moscovia, Venezia balla sul Rimland, www.academia.edu, marzo 2018; Mackinder Halford J., The Geographical Pivot of History, in “The Geographical Journal”, Vol. XXIII, n. 4, aprile 1904; Spykman Nicholas J., America’s Strategy in World Politics: The United States and the Balance of Power, Piscataway, New Jersey Transaction Publishers, 2007.